Pubblicato il 3 Agosto 2020

La Commissione Europea ha varato il Next Generation EU, lo strumento per la ripresa dalla pandemia. Con una dotazione di 750 miliardi, divisi in 390 miliardi di sovvenzioni e 360 di prestiti, mira a rilanciare l’economia e lo sviluppo comunitario attraverso sette programmi:

  • lo Strumento per il recupero e la resilienza (RFF), il Recovery fund in senso stretto, che potrà contare su 672,5 miliardi di euro di cui prestiti 360 miliardi e sovvenzioni per 312,5 miliardi,
  • ReactEU, il meccanismo ponte tra l’attuale Politica di Coesione e i programmi 2021-27, con una dotazione di 47,5 miliardi;
  • Horizon Europe, il programma per la ricerca e l’innovazione, cui vengono assegnati 5 miliardi;
  • InvestEU, che unisce tutti gli strumenti finanziari UE in continuità con il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) del Piano Juncker, cui sono destinati 5,6 miliardi;
  • Programmi di Sviluppo Rurale (PSR), nell’ambito della Politica agricola comune, cui vanno 7,5 miliardi;
  • Just Transition Fund, il Fondo per la transizione equa che sostiene l’uscita dai combustibili fossili nelle regioni europee che più ne dipendono, con 10 miliardi;
  • il meccanismo di protezione civile dell’Unione RescEU, con risorse per 1,9 miliardi.

209 miliardi per rilanciare l’Italia 

L’Italia riceve il 28% delle risorse totali previste. Rispetto alle iniziali previsioni di maggio che destinavano al nostro Paese 173 miliardi (82 di aiuti e 91 di prestiti).  I fondi sono ripartiti in: 81,4 miliardi di euro di grants, ossia i trasferimenti destinati all’Italia, e 127 miliardi di euro (36 in più di quelli inizialmente previsi) di prestiti disponibili.

“Avremo una grande responsabilità: con 209 miliardi abbiamo la possibilità di far ripartire l’Italia con forza e cambiare volto al Paese. Ora dobbiamo correre“, ha commentato Conte in conferenza stampa al termine del Consiglio europeo.

I fondi europei riservati all’Italia potranno essere impegnati fino al 31 dicembre 2023. Il 70% di queste risorse saranno disponibili tra il 2021 e il 2022 e i relativi pagamenti, legati allo svolgimento dei progetti definiti all’interno dei Piani nazionali per la ripresa, saranno disponibili fino alla fine del 2026, quando l’Unione interromperà l’emissione di titoli e inizierà il periodo di restituzione da parte degli Stati membri.

È previsto, inoltre, un prefinanziamento del 10%: un anticipo del budget che arriverà sempre nel 2021, ma prima delle altre risorse. Questa dotazione potrà essere utilizzata anche retroattivamente anche per coprire spese sostenute a partire da febbraio 2020, a condizione che si tratti di voci di costo coerenti con gli obiettivi del Piano per la ripresa.

Tutti gli Stati membri dell’UE devono presentare in autunno un Recovery Plan nazionale, un piano triennale (2021-2023) che dovrà essere in linea con le raccomandazioni di Bruxelles. Il piano verrà valutato entro due mesi dalla presentazione, se giudicato idoneo sarà successivamente riesaminato e adattato nel 2022 per tener conto della ripartizione definitiva dei fondi per il 2023.

Come verranno impiegati i fondi?

L’Italia è al lavoro per stabilire un piano da presentare a Bruxelles entro il 15 ottobre. I nove punti e 137 progetti delineati durante gli Stati Generali sono la base per disegnare la mappa dell’utilizzo degli aiuti europei.

Previsti investimenti in infrastrutture, mezzogiorno, digitalizzazione, ammortizzatori sociali, scuola, sanità ed economia green.

Per quanto concerne le infrastrutture – spiega il Ministro della Infrastrutture De Micheli ai microfoni del Messaggero – “Il nostro obiettivo, la filosofia che ispira “Italia Veloce“, è semplice. Vogliamo che l’80% degli italiani, sia al Sud che al Nord, in meno di un’ora da dove vive possa raggiungere una grande infrastruttura della mobilità. E parlo di autostrade, alta velocità, porti, aeroporti, che saranno sempre più interconnessi e collegati. Solo così, specialmente nel Mezzogiorno, si combattono le diseguaglianze, si aiuta l’economia, si crea lavoro”. Tra gli interventi la ministra elenca l’alta velocità in Sicilia, con “la linea Messina-Palermo-Catania: la gara di 1 miliardo e 600 milioni sarà bandita a ottobre”.

Altro punto chiave è la riforma del sistema fiscale, da attuare con un piano A in linea con Bruxelles, e cioè un nuovo taglio delle tasse sul lavoro e un piano B meno ortodosso dal punto di vista comunitario: il taglio dell’Iva per gli acquisti con carta di credito e bancomat, dunque in chiave anti evasione fiscale.