Pubblicato il 11 Marzo 2022

“La prima sfida della transizione energetica, per una vera sostenibilità della logistica, è fare inquinare di meno il trasporto stradale. O meglio, far avvenire meno trasporto stradale in modo meno inquinante”.

Così Ennio Cascetta, presidente del Cluster Tecnologico Nazionale Trasporti e docente all’Universitas Mercatorum, durante il suo intervento nel corso dell’incontro sul tema Decarbonizzazione e circolarità nell’industria e nella logistica. Come fare e chi paga? che si svolto nell’ambito dell’edizione 2022 di Shipping, Forwarding&Logistics meet Industry, evento annuale dedicato all’incontro tra il mondo della logistica, delle spedizioni, dei trasporti, e il mondo dell’economia produttiva italiana.

La sessione ha fatto il punto sullo stato della transizione energetica a cui il settore dei trasporti e logistica è chiamato a dare risposte nell’ambito del raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni imposti dall’Europa, cercando di dare indicazioni sui possibili strumenti per perseguire la sostenibilità senza far esplodere i costi.

Gli interventi hanno messo in luce lo stato di introduzione di processi innovativi – tra cui la digitalizzazione riveste un ruolo chiave – con cui poter ottimizzare le operazioni di consegna e spedizione in base all’esperienza di operatori di trasporti e spedizioni e autorità di gestione di porti e interporti.

Tra i relatori, Silvia Moretto, presidente FEDESPEDI, Mario Dogliani, presidente di SDG4MED, Antonella Querci, direttore Innovazione dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Tirreno Settentrionale, Francesco Querci, presidente dell’Interporto Toscana centrale (Prato), che hanno raccontato quanto si sta facendo e quanto margine ancora c’è in un’ottica di azione a livello sistemico per impostare interventi che possano andare davvero a incidere sulla riduzione delle emissioni e per una vera transizione sostenibile del comparto logistico, spedizioni e trasporti.


Quali prospettive reali di decarbonizzazione per la logistica italiana?

Il trasporto merci continua a crescere – ha sottolineato ancora Cascetta – è cresciuto moltissimo anche durante la pandemia, nonostante il crollo del Pil e continua in questa tendenza. Anche, ma non solo, grazie all’esplosione dell’e-commerce.

Alla luce di questo stato di cose, dunque, quali sono le reali prospettive di decarbonizzazione nel settore del trasporto merci e della logistica? E cosa può fare l’innovazione tecnologica, in generale, e in questo settore in particolare?

Il trasporto delle merci cresce, e continuerà a crescere ma purtroppo, del trasporto merci ad oggi sappiamo molto poco. Non sappiamo, ad esempio, la reale ripartizione tra le varie modalità di trasporto. La ripartizione per veicoli/km, le ton/km, i miliardi di ton/km che vengono riportati dalle fonti ufficiali (Istat e Conto nazionale trasporti) sono secondo gli studi e le ricerche che il Cluster sta realizzando, meno della metà di quelli reali.

Sono infatti circa 350 mld le ton/km su strada a fronte dei 21 ton/km delle ferrovie. Si tratta in tutta evidenza di numeri non comparabili. Fra l’altro andando ad analizzare la struttura della domanda di mobilità del trasporto stradale, emerge che il 90% degli spostamenti è inferiore ai 300 km, quindi non trasferibile su altre modalità. Ed emerge ancora che l’Italia ha una struttura produttiva che è praticamente incardinata sulla sua rete autostradale: il 70% degli impianti manifatturieri del nostro Paese si trova a meno di 10 minuti da un casello autostradale.

Il trasporto ferroviario è fondamentale per alcuni segmenti di mercato, di fondamentale importanza per il Paese, in primis per l’attraversamento dell’arco alpino e per i collegamenti intermodali con i grandi porti ma per la struttura produttiva e dei consumi del nostro Paese il quadro non potrà cambiare molto.


L’innovazione tecnologica

Le considerazioni rispetto alla peculiarità del settore dei trasporti e logistica in Italia conducono allora a un secondo elemento, strettamente collegato, l’innovazione tecnologica.

L’innovazione in chiave ecologica sui vettori energetici nel campo del trasporto merci – ha spiegato Cascetta – è molto più arretrata rispetto a quanto accade per le automobili. Quindi l’idrogeno, nelle sue varie declinazioni, piuttosto che gas/ibrido, biometano, sono ancora tecnologie tutte potenzialmente utilizzabili. Non c’è un percorso condiviso che vada verso una di queste in particolare. Non è ancora definito il contributo che ciascuna di queste tecnologie può dare e quali sono i tempi di introduzione nel parco circolante. Se anche andassimo avanti con un 4% di rinnovo del parco all’anno – e si tratta di una stima ottimistica – impiegheremmo quarant’anni per sostituire il 100% del parco.

Quindi è del tutto evidente che anche se avessimo la tecnologia che conducesse a un trasporto stradale a impatto zero – e non ce l’abbiamo – questo effetto non lo vedremmo nel medio e breve periodo come richiede l’Europa, quindi non al 2030, ma nemmeno al 2050.

C’è molto da fare dunque sulla ottimizzazione e da questo punto di vista, certamente si può intervenire sul problema che “l’aria è il bene più trasportato”. Abbiamo cioè un sistema molto inefficiente nella composizione dei carichi, soprattutto su strada. Un’inefficienza sicuramente dovuta in parte alla struttura della domanda di trasporto, a squilibri territoriali, non solo sulle lunghe percorrenze e non solo per quanto riguarda le tratte nord-sud. Si tratta di un problema di struttura dell’offerta – troppe aziende troppo piccole – e di un uso ancora molto primordiale delle tecnologie. Qui invece la tecnologia davvero può fare molto, però tecnologie avanzate di solito richiedono aziende strutturate.

L’Italia è ancora piuttosto indietro, rispetto ad esempio agli Usa, per quanto riguarda i servizi di composizione dei carichi, l’ottimizzazione delle piattaforme di incontro domanda-offerta, come avviene con la MaaS (mobility as a service), quindi una piattaforma dove si incontrano domanda e offerta di trasporto, si propone una ottimizzazione del carico a un costo che è minore ma che richiede un po’ di tempo in più per la consegna e questo porta a coefficienti di riempimento molto più significativi. Servizi che sono stati ribattezzati FaaS (freight as a service) e questo è uno dei settori in cui c’è molto margine per intervenire.

Un altro è lo sviluppo delle tecnologie di connessione e di guida autonoma. Per quanto riguarda i mezzi su gomma ci sono molti esperimenti che vanno nella direzione del Truck Platooning.

Con dei camion connessi questa pratica che permette di sfruttare l’effetto scia aerodinamica del camion davanti e risparmiare energia potrebbe essere effettuata in maniera del tutto sicura. 

Ci sono vari livelli da 1 a 3 a seconda che ci siano a meno e di cosa facciano gli autisti a bordo, con la possibilità concreta di risparmiare energia – quindi inquinamento – e risorse economiche, quindi fare un trasporto meno costoso è una possibilità molto concreta.

“Queste – ha concluso Cascetta – sono soluzioni concrete nell’ottica di una logistica più sostenibile che non può passare per un riequilibrio modale. Chi continua a sostenere che serve un riequilibrio modale della logistica con una forte spinta all’intermodalità non ha ancora ben presenti i numeri oggettivi del problema. Il che non costituisce esattamente un buon inizio per la transizione in un’ottica sostenibile della logistica italiana”.

Inglese